Negli ultimi decenni abbiamo assistito, nei paesi con un più elevato livello di sviluppo socio economico, ad un aumento della durata media della vita; diretta conseguenza di ciò sono stati l’incremento delle patologie legate alla terza e quarta età e del numero di soggetti a rischio per le patologie neurologiche.
Tra le più diffuse possiamo ritrovare le demenze, che occupano un posto di primo piano per la frequenza e la gravità delle conseguenze sia sociali che economiche. Il 5-15% delle persone oltre i 65 anni è affetto da demenza; la percentuale cresce notevolmente con l’età, per cui i soggetti con demenza rappresentano il 20-30% della popolazione oltre i 75 anni.
Nell’ultimo decennio, tali problematiche e la crescente diffusione della teoria bio-psicosociale, hanno sollevato la necessità, non solo di una diagnosi precisa, ma anche di un intervento precoce.
Al fine di trovare soluzione a queste problematiche, la comunità scientifica e, nello specifico, Fried et al. nel 2001, proposero il concetto di fragilità cognitiva che forniva una base concettuale per allontanarsi dagli approcci basati sull’organo e sulle malattie verso uno maggiormente basato sulla salute e sull’integrazione dei diversi fattori concomitanti.
Il modello teorico prende in considerazione l’invecchiamento come periodo di grandi cambiamenti sia biologici sia psico-sociali; questi fattori portano ad una ridotta riserva funzionale e cognitiva che, se sottovalutata o sottoposta ad eventi stressogeni, può comportare l’emersione delle sindromi geriatriche.
La fragilità assume quindi la forma di una sindrome biologica multifattoriale, risultante dal declino cumulativo di molteplici sistemi fisiologici e determinata dalla riduzione della riserva funzionale fisiologica e della capacità di resistere a eventi stressanti; è, quindi, una sindrome clinica comune che colpisce il 7-12% della popolazione più anziana e può superare il 45% dopo l’età di 85 anni.
Ma come si potrebbe riconoscerne i sintomi e quindi intervenire per tempo?
Indubbiamente le modificazioni fisiche sono il segnale principale della fragilità e, nello specifico, sarà fondamentale supervisionare la forza muscolare, l’affaticabilità, l’aumentata lentezza nella camminata e la diminuzione dell’attività fisica giornaliera; inoltre, ulteriori dati suggeriscono che altre dimensioni, come i fattori psicologici, cognitivi e sociali, contribuiscono a questa condizione multidimensionale.
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